Il difetto di ius postulandi


L’evoluzione dell’art. 182 c.p.c. dal dibattito giurisprudenziale alla riforma Cartabia

L’art. 182 c.p.c appartiene a quell’insieme di norme che guidano il Giudice istruttore nella fase embrionale del processo civile. Lo conferma la collocazione topografica della disposizione codicistica: l’art. 182 c.p.c., infatti, è contenuto nel Capo II, Titolo II del codice di rito ossia in quel gruppo di norme destinate a regolamentare l’istruzione e la trattazione della causa e, a ben vedere, segue immediatamente la norma che disciplina la mancata comparizione delle parti. In altre parole: il vaglio in ordine alla regolarità dei poteri di rappresentanza e/o di autorizzazione processuali segue immediatamente alla verifica circa la regolare comparizione delle parti.

Risolto, per mano del Legislatore del 2009, il dubbio sorto in ordine al dovere – potere del giudice di assegnare il termine utile a sanare il vizio attinente al potere di rappresentanza processuale, il dibattito si concentra intorno alla natura e alla tipologia di vizio sanabile. Facendo riferimento alla classica differenza, di creazione dottrinale, tra nullità ed inesistenza ci si domanda se, grazie all’applicazione dell’art. 182 c.p.c. , possa essere sanata solo ed esclusivamente la procura alle liti viziata ovvero se possa essere posto rimedio
altresì alla inesistenza della stessa.

Il dibattito viene risolto dalle Sezioni Unite della Cassazione (Sent. n. 37434 del 21.12.2022) abbracciando, come ormai noto, l’orientamento più rigoroso e sancendo, dunque, l’inapplicabilità dell’art. 182 c.p.c. alle ipotesi di inesistenza radicale del mandato ad litem. Sulla disciplina scaturente dalla decisione del “Palazzaccio”, tuttavia, incide in maniera sostanziale il D.Lgs 149/2022 (c.d. Riforma Cartabia) il quale pare operare un radicale revirement rispetto alla decisione del massimo Consesso di legittimità.

Pubblicazioni:
https://www.altalex.com/documents/news/2023/04/16/difetto-ius-postulandi